Oggi è la Festa della Liberazione, ovvero quel giorno in cui si commemora la cosiddetta lotta partigiana contro la Repubblica Sociale Italiana e il Terzo Reich.
Non volendo entrare nel discorso prettamente storico di quei turbolenti anni di guerra civile, né tantomeno ricordare quale fu l’effettivo contributo delle bande partigiane nella campagna alleata in Italia, sembra doveroso soffermarsi sulla dicotomia che esiste fra la festa “laica” della Liberazione e la festa religiosa dello stesso giorno. Il 25 aprile, infatti, si fa memoria di san Marco Evangelista e martire.
Ad una superficiale analisi parrebbe che le due cose non siano collegate in alcun modo, quasi che fossero due pianeti di due sistemi diversi. Eppure, il conflitto fra queste due feste fa emergere l’importanza non di poco conto dell’Evangelista e la sua rilevanza che ogni anno viene accantonata: per comprendere ciò, occorre ricordare le opere e il periodo in cui visse san Marco.
Il I secolo dopo Cristo vide la diffusione del Cristianesimo nel Mar Mediterraneo ad opera dei discepoli ed apostoli prima e dei loro successori poi; questa diffusione fu possibile grazie all’unità culturale portata dall’Impero Romano che ne facilitò l’espansione sia grazie alla rete di trasporti sia grazie alla lingua. I primi vangeli, infatti, furono scritti nel cosiddetto “Greco della Koiné”, un tipo di idioma nato nel periodo in cui la cultura ellenica si fuse con le altre presenti nel Mediterrano (Persiana, Egizia e orientale in genere) dando vita ad un mondo che, con le proprie differenze, tuttavia si percepiva come unico, indivisibile. Lo stesso vocabolo “Cattolico”, che compare la prima volta nel III secolo, enfatizza questa universalità culturale cui lo stesso cristianesimo faceva riferimento (Cattolico dal greco “Kata olon” ovvero “presso tutti”).
Insomma, San Marco rappresenta l’unità dei popoli perseguita dal Cristianesimo, un’unità di pace e di Fede che non elimina le differenze ma le esalta.
Si può dire lo stesso del 25 aprile che ad oggi divide?
Doveva essere la festa che avrebbe unito gli Italiani tutti sotto la bandiera dell’antifascismo ma invece ha generato dolorosi strascichi, vendette, revisionismi, neologismi e una dicotomia “fascista/democratico” che, a più di settant’anni dalla fine del Fascismo stesso, non ha più senso di esistere.
Le feste, e si vede anche nei testi sacri, sono per unire e non per dividere; a noi la scelta.
L’unità di San Marco o la divisione dei partigiani?